Ancona Marche

TRACCE DI STORIA

La regione al plurale

Il nome “Marche” deriva dal germanico «mark» che significa «confine». La regione si chiama così perché segnava uno dei confini del Sacro Romano Impero. Gli imperatori germanici affidarono ai nobili (i marchesi) vari feudi (marchesati) tra cui la Marca Anconitana, la Marca fermana, la Marca di Camerino, ecc. Ecco perché le Marche sono l’unica regione italiana che porta un nome al plurale.

Preistoria

Durante il Paleolitico il territorio marchigiano è abitato da popolazioni di cacciatori che abitano in grotte naturali. Il primo documento della vita nella regione è il giacimento archeologico del Paleolitico inferiore ritrovato a Monte Conero.

Con la rivoluzione neolitica, le popolazioni iniziano a coltivare la terra, allevare bestiame e anche sviluppare le tecniche di pesca.

Dall’età del bronzo gli insediamenti iniziano a raggiungere una maggiore consistenza e si sviluppa la cosiddetta civiltà appenninica, che registra scambi commerciali con l’Umbria e la Dalmazia. A questo periodo risalgono le più antiche sepolture ritrovate.

I Piceni

Una prima unità culturale della regione si verifica intorno al 10° sec. p.e.c. con i Piceni, popolazione italica originaria dell’alta Sabina e diffusa nelle Marche e in Abruzzo, che raggiunge il massimo sviluppo tra il 7° e il 6° secolo. I Piceni fondano importanti centri (Novilara, Ancona, Numana, Cupramarittima, Belmonte) e hanno diversi contatti sia con gli Etruschi che con il mondo della Magna Grecia.

Intorno al 4° secolo il territorio a nord del fiume Esino viene occupato dalla popolazione celtica Galli Sènoni, proveniente dalla provincia francese dello Champagne, determinando la formazione di due aree politico-culturali all’interno degli attuali confini marchigiani.

Nello stesso periodo, alcuni esuli greci siracusani di stirpe dorica, in fuga dalla tirannide di Dioniso I, fondano la colonia greca di Ankón, l’attuale Ancona. Nei secoli successivi Ankón, attraverso il suo porto, mantiene rapporti intensi con i principali centri del Mediterraneo orientale, come provano le testimonianze archeologiche, soprattutto di età ellenistica. Tra la fine del 2° e l’inizio del 1° secolo p.e.c. la città verrà gradualmente assorbita nello stato romano, ma rimarrà per alcuni decenni un’isola linguistica e culturale greca

È in questa fase che si comincia a parlare di Piceno IV per la profonda influenza che Galli e greci avranno sulla civiltà picena. Al contempo, anche la cultura celtica dei Sènoni, a contatto con Piceni e Greci, subisce un’evoluzione, dissolvendosi in una koiné celto-greco-italica.

  • Necropoli dei Pini a Numana-Sirolo: una delle necropoli picene dell’età del ferro, più importanti d’Europa. Al suo interno è stata scavata la tomba della regina, del 6° secolo p.e.c. che ha restituito centinaia di oggetti di corredo funebre, in metallo e ceramica. Parte del corredo è esposto presso l’Antiquarium statale di Numana. Info.
  • Museo archeologico di Torre di Palme: qui sono esposte tre sepolture picene, scavate in questa porzione di territorio.
  • Cupra Marittima: tracce di civiltà in questa zona risalgono già al paleolitico, ma l’attuale città deve il nome al famoso santuario piceno della Dea Cupra.

Epoca romana

L’espansione di Roma e i conseguenti contrasti con le altre popolazioni italiche sfociano nel 295 p.e.c. nella violenta battaglia di Sentino, vicino Sassoferrato: l’esercito romano appoggiato dai Piceni (alleanza stretta nel 299 p.e.c. per contrastare l’espansionismo gallico a nord) si scontra con la coalizione delle popolazioni italiche (Sabini, Sanniti, Etruschi, Umbri e Galli Sènoni). Romani e Piceni sconfiggono la coalizione, ma nel 269 p.e.c. i Piceni si trovano accerchiati dalle nuove città fondate dai Romani e dichiarano guerra a Roma. La conseguente sconfitta di Ascoli (268 p.e.c.) consegna definitivamente la regione ai Romani, restando libere formalmente soltanto Ascoli stessa e Ancona.

In questi anni Roma impone dunque la propria egemonia sull’Italia centrale, per poi assoggettare l‘intera penisola.

Con la ripartizione del territorio italiano in regiones, il vecchio territorio piceno viene inquadrato in due distinte regiones: la parte a nord dell’Esino, chiamata Ager gallicus picenus, entra a far parte della Regio VI Umbria et aeger Gallicus, mentre la parte a sud viene inglobata nella Regio V Picenum. Con Diocleziano la regione viene nuovamente unificata nella più grande ripartizione della Flaminia et Picenum.

I Romani fondano nel tempo numerose colonie a Firmum (264 p.e.c.), Aesis (247 p.e.c.), Potentia e Pisaurum (184 p.e.c.), Auximum (157 p.e.c.).

Lo sviluppo della rete stradale romana favorisce la progressiva romanizzazione della regione: l’apertura della via Flaminia (l’asse di collegamento fra Roma, Fano e Rimini) e della via Salaria (che raggiunge la costa di Ascoli) legano sempre più le Marche al resto dei territori romani, ma ne favoriscono anche lo sviluppo economico.

Sotto la dominazione romana, anche il porto di Ancona conosce grande impulso: la città viene scelta da Traiano come porto di Roma verso Oriente, come testimonia l’iscrizione sull’arco di Traiano ancora oggi visibile in città, in cui il capoluogo marchigiano è chiamato accessum Italiae, cioè “ingresso d’Italia”.

  • La Via Flaminia presso la Gola del Furlo: nello splendido scenario naturalistico è ancora visibile e percorribile l’antica Via Flaminia, con gallerie, ponti e sostruzioni di epoca romana
  • Parco archeologico di Forum Sempronii, municipio romano del 1° secolo p.e.c, a Fossombrone.
  • Domus di Via dell’abbondanza a Pesaro, villa romana del 1° secolo p.e.c.
  • Fano conserva ancora luoghi della Fanum Fortunae romana: si può girare la città ammirando le antiche mura, l’arco di Augusto e i resti della Basilica vitruviana.
  • Castelleone di Suasa: parco archeologico e museo della città romana di Suasa. Spicca l’anfiteatro e la domus dei Coiedii per i suoi mosaici.
  • Area archeologicaLa Fenice a Senigallia, con resti di Sena Gallica di età romana imperiale.
  • Ancona: presenza di testimonianze di età romana sparse per la città, tra cui i magazzini del porto, l’arco di Traiano e l’anfiteatro.
  • Osimo: presenza di testimonianze di età romana sparse per la città, tra cui le mura repubblicane e fonte magna. L’area archeologica di Monte Torto è invece un affascinante sito romano (villa rustica), per la produzione di olio e vino, legato allo sfruttamento del territorio agricolo.
  • Area archeologica della colonia romana di Potentia a Porto Recanati e Lapidarium allestito presso il Castello Svevo.
  • Area archeologica di Helvia Recina a Macerata, con i ruderi del teatro.
  • Museo archeologico di Cingoli con i reperti rinvenuti in questa zona, relativi ad un periodo storico che va dall’epoca preistorica a quella romana.
  • Parco archeologico della città romana di Septempeda a San Severino Marche e museo archeologico del territorio con reperti risalenti all’età preistorica, protostorica e romana.
  • Parco archeologico della città romana di Urbs Salvia. Nei pressi di Urbisaglia si trova il più esteso parco archeologico delle Marche, in cui si conservano egregiamente il teatro, l’anfiteatro e il criptoportico.
  • Fermo antica città romana, in cui si conservano parte delle mura e repubblicane e le cisterne, aperte al pubblico.
  • Area archeologicadiFalerio Picenus a Falerone dove tra le altre cose è possibile visitare l’anfiteatro ed il meglio conservato teatro romano delle Marche.
  • Cupra Marittima: venne romanizzata e vi viene impiantata la colonia di Cupra Maritima. Rimangono notevoli tracce della città romana nel parco archeologico. Molto interessante inoltre è il Museo Archeologico del Territorio e una villa extraurbana con un bel ninfeo, tuttora visibile, appena fuori dal parco.

Bizantini e Longobardi

Nel 476 il re degli Eruli Odoacre depone l’ultimo imperatore d’occidente, Romolo Augustolo, segnando la caduta dell’impero romano d’occidente. Nelle Marche gli Eruli si stanziano nel Piceno.

Ben presto emerge la figura di Teodorico, re degli Ostrogoti dal 474 al 526, che viene incaricato dall’imperatore d’oriente Zenone di restaurare in Italia l’autorità imperiale. Dopo un lungo conflitto, Teodorico sconfigge Odoacre e nel 497 viene riconosciuto da Bisanzio come rappresentante dell’impero in Italia. Qui fonda un regno in cui gli elementi goti e romani convivono e che diventa uno dei domini più influenti d’Europa. La presenza degli Ostrogoti è particolarmente rilevante nelle Marche, soprattutto ad Osimo.

È in questa fase che i Visigoti distruggono Ostra, Suasa ed Urbisaglia.

Teodorico muore nel 526 ed emergono nuove tensioni per il controllo sulla penisola italica. L’imperatore d’oriente Giustiniano (527-565) mette in moto l’ambizioso disegno di riconquistare le perdute province d’occidente e dà il via alla guerra greco-gotica (535-555).

Durante il conflitto, il territorio marchigiano viene dapprima conquistato dai bizantini, a parte Osimo e Urbino; poi dal 541 al 544 i Goti recuperarono gran parte delle città, a parte Ancona e Ravenna. Infine, nel 552 l’esercito bizantino riesce a sconfiggere definitivamente i Goti e tutta l’Italia ricade sotto l’autorità di Giustiniano.

Nonostante la vittoria, i Bizantini non riescono però a conservare il dominio sull’Italia e si ritirano gradualmente. Nel 565 muore Giustiniano. Nel 568 penetrano in Italia i Longobardi, popolo germanico che prende il controllo della penisola, sebbene alcune regioni rimangano sotto il controllo dei bizantini e del papato.

Tra il 568 e il 774 il territorio italiano è segnato dalla presenza di Longobardi e Bizantini: i Longobardi occupano gran parte dell’Italia centro-settentrionale e suddividono il territorio conquistato in ducati: quelli del Friuli, di Trento, di Bergamo, di Pavia, di Milano e di Torino a nord; nell’Italia centrale sono longobardi i ducati di Tuscia e quello di Spoleto; a sud quello di Benevento, che giunge fino a Taranto. Il Ducato di Spoleto e il Ducato di Benevento costituiscono la propaggine meridionale del dominio longobardo in Italia.

A dividere il nord e il sud del regno è il bizantino Ducato di Roma in Italia centrale. Anche le zone meridionali della penisola italica rimangono sotto il controllo bizantino. Si tratta del cosiddetto Esarcato d’Italia, circoscrizione amministrativa dell’impero bizantino comprendente, tra il 6° e l’8° secolo, la maggior parte dei territori bizantini d’Italia. Esso comprende sette distretti, strettamente controllati e governati dall’esarca di Ravenna: l’Esarcato propriamente detto (odierna Romagna, dal fiume Panaro a Ravenna); la Pentapoli (le «cinque città» di Rimini, Pesaro, Fano, Senigallia e Ancona); il Ducato romano; la Liguria; la Venezia e l’Istria; il Ducato di Napoli; il Ducato di Calabria (comprendente il Bruzio e la parte meridionale dell’Apulia). Roma e il suo territorio sono formalmente bizantini, ma di fatto sono governati dal papa.

Il territorio marchigiano ricade sotto due diverse dominazioni: i Longobardi costituiscono le due giurisdizioni di Camerino e Fermo, entrambe parte del Ducato di Spoleto, mentre la parte settentrionale della regione rimane sotto l’impero bizantino che vi costituisce due pentapoli: la pentapoli annonaria (Cagli, Fossombrone, Gubbio, Jesi, ed Urbino) e la pentapoli marittima (Ancona, Fano, Pesaro, Rimini, Senigallia).

  • Museo Archeologico Medievale di Ascoli Piceno: conserva alcuni dei reperti provenienti dalla necropoli longobarda di Castel Trosino, forse la più famosa d’Italia.

Medioevo: papato e impero

I tentativi di espansione dei Longobardi si arrestano nel 773, quando l’esercito franco di Carlo Magno, alleato del papa di Roma, li sconfigge definitivamente.

Gran parte della penisola italica è inglobata nell’impero di Carlo Magno e resta sotto il dominio, effettivo o formale, degli imperatori germanici per i secoli successivi.

Nel 9° secolo la regione subisce varie incursioni, devastazioni e saccheggi da parte di popolazioni Saracene e Normanne, che però non si stanziano nella regione.

È in questa fase che il vecchio nome della regione, Piceno, si va perdendo ed emerge il nuovo nome di Marca di Ancona, nata dall’unificazione di varie marche, territori di confine del Sacro Romano Impero.

I confini della Marca nel Medioevo sono chiaramente descritti nelle Costituzioni egidiane, redatte a Fano nel 1357. Da esse risulta che la Marca di Ancona in pratica coincideva con la regione attuale e che le cinque città considerate maggiori erano Urbino, Ancona, Camerino, Fermo ed Ascoli; tra le città considerate grandi si ricordano Pesaro, Fano, Fabriano, Jesi, Recanati e Macerata.

L’impero fatica però a mantenere il controllo sulla penisola, da un lato per il diffondersi del fenomeno dei liberi Comuni indipendenti e autogestiti, e dall’altro per il rafforzarsi del potere pontificio, che genera inevitabilmente scontri con gli imperatori. Tra le varie figure di rilievo in questa continua tensione tra papato e impero, c’è quella di Federico II, lo stupor mundi, la cui storia si intreccia a quella delle Marche nel 1194, quando nasce a Jesi, in una fase in cui la città è libero Comune.

  • Abbadia di Fiastra: costruita dai monaci cistercensi con i materiali di spolio della città romana.
  • Monastero di Fonte Avellana: monastero benedettino del X secolo

Comuni e Signorie

A partire dall’11° secolo si costituiscono nella regione numerosi liberi Comuni, tra i quali Pesaro, Fano, Ancona, Jesi, Fermo e Ascoli Piceno. Non mancano in quest’epoca occasioni di scontro tra i Comuni per il predominio sulle terre circostanti. Le città erano inizialmente governate da due consoli, ma dal 12° secolo circa, la struttura del potere viene rinnovata: il potere esecutivo è esercitato da un consiglio di Anziani, quello legislativo da un consiglio di Rappresentanti delle arti e dei mestieri e il potere giudiziario e di controllo dell’ordine pubblico da un Podestà.

Da segnalare l’importanza della repubblica marinara di Ancona, che vive momenti di splendore artistico e culturale grazie anche ai suoi rapporti marittimi con l’oriente.

Nel 1213 Bonconte I da Montefeltro riceve dall’imperatore Federico II il potere sulla città di Urbino. Iniziano così a prendere il potere le grandi famiglie, come i Malatesta nell’attuale Romagna, i Varano a Camerino, i Gentile da Mogliano a Fermo, i Clavelli a Fabriano, gli Smeducci a San Severino Marche, i Brancaleoni a Casteldurante (l’attuale Urbania).

Nel Trecento cresce in Italia il potere degli stati regionali. Le Signorie superano non solo la dimensione comunale e cittadina, ma addirittura quella regionale. Lo Stato pontificio continua a occupare i territori dell’Italia centrale.

  • Urbino: imponente cittadina che conserva intatta l’architettura rinascimentale. Da vedere il palazzo Ducale con lo studiolo di Federico da Montefeltro ed il teatro romano.
  • Ancona: molto interessante anche il cimitero ebraico con le tombe più antiche che risalgono alla fine del 1400.
  • Ascoli Piceno: città interessante dal punto di vista storico-architettonico, in quanto camminando tra i suoi vicoli e le sue case torri medievali, tra un battistero ed una chiesa romanica è possibile ammirare resti di Asculum romana, tra cui il teatro. Apprezzabile il Museo Archeologico Statale di Ascoli Piceno.

Stato pontificio

Il periodo d’oro dei Comuni e delle Signorie si chiude con il progressivo estendersi della supremazia papale.

Tra la metà del Cinquecento e i primi decenni del Seicento vengono portate sotto il dominio dello Stato pontificio.

Ancona, fiorente repubblica marinara, viene annessa allo Stato pontificio nel 1532. Camerino è dominata dai Da Varano e Cesare Borgia prima di passare in mano papale nel 1545. Ascoli, dopo la signoria di Francesco Sforza, capitola nel 1482. Il Ducato d’Urbino, uno dei più importanti centri del Rinascimento sotto i Montefeltro prima e Della Rovere poi, viene annesso allo Stato della Chiesa nel 1632.

Il territorio viene diviso in diverse entità amministrative: gli stati di Urbino e di Camerino, i territori di Ancona, di Fermo ed Ascoli Piceno, la Marca anconitana (che ha però come capoluogo Macerata), il Presidiato di Montalto e infine la città di Loreto, che a causa della sua importanza religiosa ha un’amministrazione speciale.

Segue un periodo di recessione, cui si tenta di porre rimedio durante il pontificato di Clemente XII, nel Settecento, quando Ancona viene dichiarata porto franco e si realizza la strada oggi detta Vallesina regionale.

  • Loreto: resa indipendente da Recanati da papa Sisto V nel 1586, Loreto si è sviluppata intorno alla Basilica della Santa Casa, da secoli uno dei più importanti centri della cristianità. 

Epoca napoleonica

Nel 1796 Napoleone Bonaparte lancia la campagna d’Italia e le truppe napoleoniche avviano la conquista della penisola. Alcune città approfittano dell’invasione francese per insorgere contro il dominio papale. Si costituisce quindi la Repubblica anconitana, alla quale aderiscono varie città marchigiane (19 novembre 1797 – 7 marzo 1798)- nel 1798 la Repubblica anconitana confluisce nella Repubblica romana, che persiste fino al 1799. La regione viene infine inglobata nel Regno d’Italia napoleonico nel 1808 e viene prima chiamata Marca di Ancona o semplicemente Marca, poi viene denominata ufficialmente al plurale, Marche. La regione viene suddivisa nei dipartimenti del Metauro con capoluogo Ancona, del Musone con capoluogo Macerata e del Tronto con capoluogo Fermo.

È in questa fine di secolo che nelle Marche nascono due figure importantissime: il compositore Gioacchino Rossini (Pesaro, 1792) e il poeta Giacomo Leopardi (Recanati, 1798).

L’inizio del 19° secolo è segnato dalle guerre delle potenze europee contro le truppe napoleoniche.

Nel 1813 il re di Napoli Gioacchino Murat occupa le Marche. Con la battaglia di Tolentino e la vittoria dell’esercito austriaco sulle truppe di Murat, le Marche ritornano allo Stato pontificio. La regione assume una nuova divisione amministrativa: vengono costituite le delegazioni di Urbino e Pesaro, Ancona, Macerata, Fermo, Ascoli Piceno e Camerino.

Risorgimento e Unità d’Italia

Dopo la sconfitta di Napoleone e la restaurazione sancita dal Congresso di Vienna (1814-1815), le Marche ritornano sotto il controllo dello Stato pontificio. Il periodo napoleonico ha però instillato negli italiani gli ideali di libertà, uguaglianza, indipendenza e unità nazionale. Si diffonde anche nelle Marche la Carboneria, con i primi arresti per sovversione avvenuti nella provincia di Macerata nel 1817.

Durante il periodo risorgimentale, le Marche partecipano alle lotte per l’unificazione. Nel corso degli anni si verificano tumulti a Pesaro, Ancona, Ascoli Piceno e Jesi. Nel febbraio 1831 in varie città della regione scoppiano moti popolari, guidati dal generale Giuseppe Sercognani: i delegati apostolici vengono cacciati e si creano governi cittadini. Già il mese successivo il papa riesce a recuperare i propri territori, ancora una volta grazie all’aiuto dell’esercito austriaco.

Nel 1848 le città marchigiane partecipano con numerosissimi volontari alla prima guerra di indipendenza e nel 1849 aderiscono alla Repubblica Romana, cacciando ancora una volta i delegati pontifici e le loro truppe.

Gli austriaci, invocati da papa Pio IX, invadono le Marche e, dopo aver preso Pesaro e Senigallia, cingono d’assedio la città di Ancona. L’assedio austriaco dura dal 25 maggio al 6 giugno, quando, sottoposta a bombardamento incessante, la città è costretta a cedere. Segue, su richiesta del papa, un decennio di occupazione austriaca.

Con la battaglia di Castelfidardo, combattuta il 18 settembre 1860 tra l’esercito del Regno di Sardegna e quello dello Stato pontificio, le Marche vengono definitivamente occupate dall’esercito piemontese e annesse al Regno d’Italia, col plebiscito del 4-5 novembre 1860. La regione è annessa al Regno d’Italia con Regio Decreto del 17 dicembre 1860 ed è divisa nelle quattro provincie di Ancona, Ascoli Piceno, Macerata, Pesaro e Urbino, quindi con la soppressione delle delegazioni pontificie di Camerino e Fermo.

  • Monumento alla Battaglia di Castelfidardo, che ricorda la vittoria dei piemontesi sulle truppe pontificie nel 1860.

Emigrazione marchigiana

La fine del 19° secolo e l’inizio del 20° secolo sono segnate da una forte spinta all’emigrazione dai territori marchigiani economicamente depressi ai mercati stranieri in espansione. Sebbene l’emigrazione inizi piuttosto tardi nelle Marche, nei primi quindici anni del Novecento la regione è quella del centro-nord che, dopo il Veneto, contribuisce maggiormente al mercato internazionale del lavoro. La meta principale è l’Argentina, dove i marchigiani, prima del conflitto mondiale, arrivano a rappresentare l’11% di tutti gli immigrati italiani. Molti migranti scelgono gli Stati Uniti con le grandi città industriali, le miniere della Pennsylvania o le piantagioni del Mississippi. Partono contadini e minatori, ma anche falegnami, sarti e calzolai. Con la prima guerra mondiale si interrompono i flussi migratori per riprendere subito dopo soprattutto verso Francia, Germania, Svizzera e Belgio. Una nuova fase migratoria avviene dopo la seconda guerra mondiale, verso nuove mete come Canada, Venezuela e Australia, ma anche verso quelle tradizionali come Francia, Germania e Belgio. Info.

Guerre mondiali e Resistenza

Con lo scoppio della prima guerra mondiale (1914-1918) i porti marchigiani vengono subito colpiti dai bombardamenti della flotta austro-ungarica, ma in seguito il territorio non riporta danni significativi. Naturalmente molti sono i marchigiani che partono per il fronte.

Nel primo dopoguerra, già il 4 agosto 1922 l’intera regione è sotto il controllo delle squadre fasciste, che prendono Roma di lì a poco e danno così avvio al ventennio di dittatura fascista.

Con lo scoppio della seconda guerra mondiale (1939-1945) si diffondono anche nelle Marche le idee antifasciste. Dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943 e l’occupazione tedesca (la regione diventa territorio della Repubblica di Salò), iniziano i pesanti bombardamenti sulla regione. Nella sola Ancona si registrano 1.182 vittime civili tra l’ottobre 1943 e il luglio 1944.

Alle pendici dell’Appennino si intensifica la lotta partigiana. Tra le varie storie di resistenza, spicca quella della Banda Mario, così chiamata perché a guidarla era Mario Depangher: una formazione partigiana multietnica, formata da uomini e donne provenienti da Italia, Inghilterra, Scozia, Jugoslavia, Urss, Polonia, Boemia, Eritrea, Etiopia, Somalia

La storia dei partigiani neri della Banda Mario precede lo scoppio della seconda guerra mondiale. Il governo fascista, che nel 1938 ha già emanato le leggi razziali, pianifica di realizzare a Napoli una grande mostra dedicata ai territori d’oltremare (MTO). Nel villaggio coloniale saranno ricostruiti gli habitat più tipici dei paesi conquistati ed è richiesta la presenza di sudditi coloniali figuranti, che vengono tradotti in Italia per stabilirsi nel villaggio ed animare lo zoo umano.

Conclusa l’esibizione i figuranti avrebbero dovuto rientrare in Africa, ma il 10 giugno, un mese dopo l’apertura della MTO, l’Italia entra in guerra e la mostra viene sospesa. Gli africani rimangono sostanzialmente internati nel villaggio, da cui non possono uscire. Il villaggio che non è però attrezzato per affrontare l’inverno; pertanto l’8 aprile del 1943 il gruppo viene trasferito nelle Marche, a Treia, in provincia di Macerata, nell’edificio nobiliare Villa Spada.

I residenti di Villa Spada sono in 58 e differenza di quel che accadeva a Napoli qui ci sono contatti con la gente del luogo.

Nella notte tra il 24 e il 25 luglio 1943 c’è la destituzione di Benito Mussolini; l’8 settembre viene firmato l’armistizio. Il 5 ottobre, i primi tre etiopi fuggono da Villa Spada per unirsi a un gruppo di partigiani; alla fine un totale di 12 africani si uniranno ai partigiani. Tra loro ci sono il somalo Aaden Shire, l’etiope Carletto Abbamagal, due donne e degli ascari. Grazie al loro aiuto, viene organizzata un’azione per impossessarsi delle armi stipate dentro Villa Spada, che consente di aumentare la potenza di fuoco della Banda Mario.

Le truppe alleate fanno il loro ingresso nel territorio marchigiano verso la metà del giugno 1944.

Il primo luglio 1944 la banda entra a San Severino Marche, 24 ore prima dell’arrivo dei soldati polacchi.

Nel ’44 la regione segna il confine tra le terre liberate dagli alleati e quelle occupate dai nazifascisti: la linea gotica cade poco sopra Pesaro e il territorio regionale diventa un campo di battaglia.

Il 25 agosto l’esercito alleato si trova a ridosso della linea gotica: inizia un’aspra battaglia che si protrae fino al 3 settembre, quando le truppe tedesche lasciano Pesaro e l’intera regione è liberata.

Il 25 aprile dell’anno successivo, il paese è liberato dai nazifascisti e pochi mesi più tardi si chiude il secondo conflitto mondiale.

L’avvincente storia della Banda Mario ricostruita dallo storico marchigiano Matteo Petracci – 2019, Pacini Editore.

Il dopoguerra e il «modello marchigiano»

Con il referendum istituzionale del 2 giugno 1946 nasce la Repubblica italiana.

Nel secondo dopoguerra l’economia marchigiana conosce una fase di grande espansione, dando forma al cosiddetto «modello marchigiano»: il motore dell’economia sono le piccole-medie imprese, evoluzione di antiche attività artigianali, distribuite su tutto il territorio, poco dipendenti da aiuti statali e banche.

Tra i principali settori economici di rilevanza nazionale si segnalano: l’industria dei mobili (Cucine Lube nel maceratese, Scavolini nel pesarese); l’industria delle motociclette (Benelli); l’industria tessile specializzata in jeans, nella valle del Metauro; l’industria meccanica di Jesi (gruppo Pieralisi); l’industria farmaceutica di Ancona (Gruppo Angelini); il cantiere navale di Ancona (Fincantieri) e la cantieristica minore di Fano (Benetti), Ancona (CRN), San Benedetto del Tronto e Civitanova Marche; le industrie della carta (Cartiere Miliani) e degli elettrodomestici della zona di Fabriano (le fabbriche della famiglia Merloni: Indesit Company e Ariston); il settore delle cappe per cucina (Azienda Elica); l’industria degli strumenti musicali di Castelfidardo (Soprani, Scandalli, Farfisa, Castagnari, Eko); l’industria illuminotecnica di Recanati (iGuzzini illuminazione); l’industria pellettiera e delle poltrone di Tolentino (Nazareno Gabrielli e Poltrona Frau); l’industria delle calzature, al primo posto in Italia, in numerosi centri delle province di Macerata e Fermo (tra le aziende maggiori si ricordano Tod’s e Hogan); l’industria vitivinicola di Matelica e dei Castelli di Jesi (Verdicchio), di Serrapetrona (Vernaccia), della zona di Ancona e del Conero (Rosso Conero), di Morro d’Alba (Lacrima di Morro); l’industria turistica, florida grazie ai numerosi centri balneari, alle città d’arte, ai quattro parchi regionali e ai due nazionali; le industrie collegate alla pesca, nei porti di Fano, Ancona, Porto Civitanova, San Benedetto del Tronto: le Marche sono la terza marineria italiana per catture, dietro Sicilia e Puglia.

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